Diario di un viaggio nel gusto

Questo blog è il diario di un'avventura che inizia, la mia avventura, condotta per sentieri che non mi sono del tutto nuovi ma che attraverso il loro andare mi condurranno ad esplorare nuovi lidi.... il verde è il colore che predominerà la mia strada, il suo profumo ne sarà l'aroma allietante e suadente... un percorso gastronomico, il mio, di vita, di credo... una scelta, uno stile, il mio ritmo... ricette che trarranno dalla terra il proprio profilo, che dell'erba avranno la gentilezza e la delicata essenza, il sapore avranno della semplicità e dei sensi saranno stimolo e soddisfazione.... Un viaggio nella cucina... con la creatività e la curiosità che sempre portano lontano...

umorale

umorale
trasparenze autunnali

mercoledì 30 dicembre 2009

PUREA DI FAVE E CICORIETTA

Ultima ricetta dell'anno ma soltanto proseguio di un'avventura meravigliosa che ormai iniziata intendo assolutamente portare avanti! AUGURI.

Torno alle mie ricette "verdi" conservando tuttavia la gioia di aver divagato (cosa che trovo sempre comunque molto gradevole in genere, in cucina come nella vita... piccoli slanci che rendono meraviglioso il "ritorno").

Questa purea è in realtà un primo piatto davvero gustoso che abina sapientemente verdura e legumi in un gioco di consistenze che rendono al palato il dono del sapore.
Per quattro porzioni occorrono: 100 g di fave bianche secche decorticate, 100 g di fave sgusciate, 1 spicchio d'aglio, 1 scalogno, 50 g di pancetta finissima (facoltativa), brodo vegetale, sale, pepe e peperoncino, 300 g di cicorietta di campo, 100 g di patate sbucciate, 60 g di pecorino grattugiato, olio extra vergine di oliva, finocchietto fresco.

Innanzi tutto lasciate in ammollo le fave bianche per almeno dodici ore in acqua fredda, quindi fatele bollire in acqua o brodo vegetale fino quasi a completa cottura. Nel frattempo occorre cuocere, con la medesima modalità, le patate e porle da parte.

A questo punto lasciate appassire in un tegame capiente lo scalogno, l'aglio e l'eventuale pancetta ben tritati nell'olio e aggiungetevi quindi tutte le fave e le patate già cotte e tagliate a dadini. Portate il tutto a cottura unendovi brodo vegetale e finocchietto tritato. Salate e pepate a piacere.

A parte fate saltare in padella la cicorietta cruda con olio, aglio e peproncino e, una volta cotta, tritatela sottilmente al coltello.

Quando le fave saranno cotte, frullatele con un mini pimer ad immersione e raffinatele passandole con un colino a maglie sottili (anche più volte). A questo punto dovete "montare" la purea girandola energeticamente con la frusta a mano ed incorporandole una buona quantità di olio versato a filo (regolatevi ad occhio, la purea deve letteralmente montare come fosse una maionese) e pecorino grattugiato.

Quando il composto avrà raggiunto una consistenza molto morbida, cremosa e vellutata, servitela in una zuppiera decorandola poi con la cicorietta e con abbondanti scaglie di pecorino.

Buon appetito...!!

domenica 27 dicembre 2009

TORTELLINI IN BRODO

Per chi ha voglia di leggere, un breve racconto, per chi non ha tempo, una ricetta della tradizione ma in una versione d'eccezione!

Per la pasta occorrno (variare in proporzione le quantità in base al numero di ospiti): 3 uova intere, 300 g di farina, 1 cucchiaio di olio ed 1 pizzico di sale.
Impastare e lasciare riposare per almeno venti minuti in luogo fresco prima di stendere e di utilizzare il tagliapasta (rondella dentata) per realizzare i tortellini.

Per il ripieno occorrono: 100 g polpa di maiale tritata, 100 g prosciutto crudo, 100 g mortadella, 150 g parmigiano reggiano grattugiato, 1 uovo, 25 g burro, 2 cucchiai di erbe tritate (rosmarino, salvia), sale, pepe e noce moscata.

Se deve far insaporire (possibilmente per un giorno intero) la carne di maiale già condita con le spezie, il sale ed il pepe, quindi farlo cuocere a fuoco molto lento con il burro. Una volta freddo si mescola con il prosciutto e la mortadella tritate finemente, con il parmigiano, l'uovo e la noce moscata. Anche questo composto deve riposare in frigo per alcune ore. Si Confezionano quindi i tortellini ponendo al centro di ogni quadratino di pasta tagliata una pallina di composto e chiudendo poi la stessa sovrapponendone due angoli a formare un triangolo ed arrotolandone infine due estremità intorno al dito indice.

Prima di cuocere nel brodo per un paio di minuti, occorre sbollentare un istante i tortellini in acqua affinchè perdano la farina in eccesso.

Per il brodo di carne occorrono invece: 500 g di muscolo di manzo, ossa di manzo spurgate (ossia fatte bollire in acqua partendo da freddo e poi schiumate. Quindi raffreddate rapidamente in acqua ghiacciata), parature delle lavorazioni (cartilagini, tendini ecc.), un mazzetto di aromi e spezie (carote, porro, sedano, scalogno, chiodi di garofano, aglio, bacche di ginepro, anice stellato, cannella, pepe in grani) avvolti in una garza sterile, legata con spago da cucina (che possa essere immerso nel brodo in cottura e poi torlto facilmente), 2 cipolle rosse tagliate a metà e fatte caramellare a fuoco dolcissimi in una padella, poco marsala e circa 10 lt di acqua fredda.

Bisogna mettere in una pentola capiente la carne, le ossa e le parature già spurgate con l'acqua fredda, aggiungere il mazzetto di erbe ed il marsala, salare e continuare la cottura, sempre eliminando le impurità che dovessero affiorare, facendo appena sobollire. Unire poi le cipolle già caramellate e far cuocere per almeno tre ore. Una volta cotto, bisogna farlo riposare e filtrare quindi con un colino a maglie fini.

Si può chiarificare ulteriormente il brodo sbattendo un albume con qualche cucchiaio di acqua sul fondo di una pentola grande, versandovi sopra il brodo freddo e riportandolo lentamente a bollore. In questo modo le impurità saliranno in superficie insieme all'albume e sarà possibile eliminarle del tutto.


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Al mattino l'alba si levava presto portando con se le note trascritte sul taccuino di cucina. Il primo gesto di nonna Nannina era quello, poggiare gli occhiali sul naso e prendere la nota tra le mani. Era giorno di Vigilia, atteso e un pò temuto, per via del gran lavoro che l'attendeva ma poi sapeva che sarebbe stato bello affaccendarsi in cucina in compagnia delle sue figlie e della nuora.

Non era Natale allora senza tutto quel ribollire di brodi, sfrigolare di olio, esalare di odori, senza tutto quel riempirsi di stoviglie, di pastelle messe a lievitare, di intingoli preparati per condire soltanto a sera già scesa le pietanze cotte a lungo, con lentezza, con amore.
Chiusa la porta della camera alle spalle, sbrigato il rito della vestizione, era tempo di iniziare. In cima alla lista erano immancabilmente le frittelle perchè la verdura richiedeva tempo per essere pulita, tagliata e messa nella cesta ad aspettare che la pastella fosse divenuta matura, ben soffice e gonfia, impregnata dell'aria che l'avrebbe resa croccante e dorata in cottura.

Subito dopo c'erano i tortellini.

Nonna Nannina cucinava d'esperienza, la pasta l'aveva sempre fatta in casa, tirata al mattarello, sulla tavola di legno che la rende porosa e pronta ad assorbire i condimenti. Le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti ed il grembiule ancora candido di bucato, ed inizavano i gesti rituali, conosciuti, ripetuti negli anni, sempre gli stessi. La fontana, le uova, il movimento circolare della mano che raccoglie la farina con la spatola mentre l'altra mano impasta, preme e reimpasta. L'attesa al fresco, nell'involucro di pellicola. Poi la stesura, farina bianca per non far appiccicare la pasta alla tavola ed al mattarello, farina di mais per adagiare le sfoglie tirate e lasciarle riposare, coperte dal canovaccio bianco. Tutto in quel bell'ordine preconfezionato, da non dover pensare, impresso ad eterna memoria nelle mani stesse. E, mentre nonna Nannina impastava e si affaccendava, la casa stessa iniziava a svegliarsi.

Erano mattini poco illuminati, spesso portati da cieli ombrosi, carichi di nuvole. Ma persino le nuvole sembravano amiche fraterne, cornice del tempo che scorreva seguendo i suoi rituali.

Per gli uomini ed i bambini le ore che precedevano la sera erano dedicate agli ultimi acquisti, chissà perchè proprio in quel pomeriggio che già aveva in sè l'odore della festa e le luci ed i colori che avrebbero acceso la notte.

Il nonno prendeva la mia mano e mi portava a passeggiare tra le strade piene di gente frettolosa, di voci, di musica e di allegra confusione. Al solo guardarsi attorno sembrava di assistere ad un mirabolante spettacolo del circo ed era semplicemente bello.

Le donne, riunite in cucina, avevano altro cui pensare, come se il compito affidato loro quel giorno fosse estremamente delicato ed importante. La perfezione, per una volta, non doveva essere mancata.

La mamma si dedicava al brodo che faceva ribollire per ore, fin quando la carne non veniva quasi a scivolare via dalle ossa e le verdure a disfarsi, soltanto allora si poteva ritenere il brodo pronto per ospitare la cottura dei tortellini.

Le zie erano invece destinate agli antipasti. Vari ma non fantasiosi. Gli stessi, anno dopo anno perchè nella tradizione la ripetitività non era noiosa ma ancora felice.

E per lo stesso principio i secondi erano affare comune. L'insalata di bollito ripassato con le cipolle bianche, i contorni di carciofi e puntarelle.

Soltanto alla fine, quando tutti erano ormai rincasati, noi bambini potevamo apparecchiare la lunga tavola che avrebbe accolto il banchetto.

La tovaglia rossa, i calici, le posate del "servizio buono". A capo tavola sedeva il nonno mentre i più piccoli avrebbero mangiato sul tavolinetto basso, accanto all'albero, vero sfavillante simbolo della festa, distratti per tutto il tempo dall'irresistibile richiamo dei pacchetti infiocchettato che aspettavano pazientemente la mezzanotte per potersi mostrare!

Quando nonna Nannina iniziava a friggere le verdure impastellate era l'inizio della serata, allora sì era Natale, Natale per davvero! I primi bicchieri di vino venivano versati e gli aromi ormai mischiati gli uni agli altri provenienti dalla cucina si facevano simbolo ed espressione di tutto quanto sarebbe seguito, apoteosi del convivio e promessa di estasi gustativa.

La cena si protraeva a lungo, alternando le chiacchiere alla voce della tv, le risate ai rari istanti di quiete e tutto sembrava divenire colorato, avvolto come era dalla magia che dal cielo, dall'aria e dalla terra giungeva in casa ad allietare la vita di ognuno.

Quella pace, quella serenità, quei sorrisi nella notte erano felicità pura.

sabato 26 dicembre 2009

TERRINA DI MAIALE, LUGANEGA, NOCI E LATTUGA

Scivola via il Natale con la stessa leggerezza con cui è arrivato, per mano dell'inesorabile tempo che tutto porta e cancella. Scivolano via i fasti delle tavole imbandite e imbellettate, i profumi di cui si sono colmate le cucine e si spengono le voci, prima ancora delle lucine.

Nastri, fiocchi, coccarde danno ancora prova del dolce scambio di doni che è avvenuto e lasciano il segno di una magia che, pur dissolta, è già in viaggio per tornare ancora, il prossimo anno.

Questo Natale non ha avuto il contorno della neve ma tanta pioggia, non un fuoco nel camino ma fornelli sempre accesi!! Ha avuto amici riuniti intorno ad un banchetto e chiacchiere ed allegria.... ha avuto sensazioni profonde ed emozioni importanti e soprattutto ha acceso una nuova fiammella nel cuore.
Poichè questa è la festa della condivisione, ho accantonato verdure, legumi e cereali ed ho cucinato carne (cosa che faccio generalmente soltanto per "mestiere"!)... La terrina di maiale, luganega, noci e lattuga è uno dei miei "cavalli di battaglia" perchè è davvero deliziosa e molto sfiziosa, inoltre si presenta in modo piuttosto scenografico e, soprattutto, piace sempre a tutti!

Per dieci porzioni occorrono: 600 g di arista di maiale ben macinata, 300 g di polpa di vitella macinata, due grandi lattughe, due cipollotti bianchi, due uova intere, del parmigiano reggiano grattugiato (circa 50 g), 30 g di emmentaler a tocchettini, 150 g di prosciutto cotto a cubetti, 60 h di gherigli di noci tritate grossolanamente al coltello, timo e maggiorana (preferibilmente freschi), una fetta sottile di lardo aromatizzato alle erbe, burro per lo stampo, sale e pepe.


Iniziamo lavando bene la lattuga e sbianchendone appena le fogle più grandi in acqua bollente per pochissimi istanti. Riduciamo poi in listarelle le rimanenti foglie e passiamole in padella con un trito sottile di lardo e cipollotti; salare e pepare.
Nel frattempo tagliamo la luganega a pezzi di diverse lunghezze, spelliamola ed avvolgiamola nelle foglie di lattuga sbollentate (ricordando di lasciarne alcune).
In una bulle, mescolare la lattuga soffritta con le carni macinate, le noci, i formaggi, il prosciutto cotto, le uova, il sale ed il pepe.
A questo punto, imburriamo lo stampo da terrina e rivestiamolo con le foglie di lattuga sbollentate rimaste, quindo rienpiamolo con il composto realizzato, ponendo quà e là i pezzi di luganega (seguendo il senso della lunghezza dello stampo. In questo modo, affettando poi la terrina, si vedranno rondelle decorative di salsiccia).
Occorre premere bene il tutto, cospargere con le erbe aromatiche e coprire con i lembi di lattuga sporgenti dallo stampo.
Coprire con l'apposito coperchio o con carta alluminio ed infornare per circa 50 minuti in forno già caldo a 200°. Passato il tempo di cottura, scoprire la terrina, scolare il liquido formatosi e riporre nuovemente in forno per altri dieci minuti.
Una volta sformata, la terrina va servita preferibilmente tiepida o appena calda con un contorno cremoso (tipo purè di patate) per contrastarne la consistenza omogenea e compatta.

mercoledì 23 dicembre 2009

TORTA DI CREPES

Un buon dolce a conclusione di una cena pre-natalizia in stile di festa, certamente, non poteva mancare! ...e questo dolce (liberamente interpretato dal "cavoletto di bruxelles") buono lo è davvero! Una torta a strati, che puoi farcire, glassare e decorare in stile cake, oppure da personalizzare in forme artistiche di stampo moderno (tipo cubi o rettangoloni che lascino intravedere uno ad uno gli strati alternati per sapore e consistenza!). Un dolce per sbizzarrirsi e per stupire ma anche per avere successo!

Il sapore è particolare ed è influenzato dai dettagli con i quali viene personalizzato; io lo realizzo di tanto in tanto apportando ogni volta qualche modifica ed ogni volta mi sorprende per la delicatezza gustativa che sprigiona ad ogni morso ma anche per la sua dolcezza aromatizzata.

Questa volta, in accordo con la tradizione natalizia, l'ho confezionato nel modo più classico, come una vera torta farcita, ricoperta di una glassa bianca e decorata con canditi. E' stato un buon ed un bel modo di concludere una cena consumata nell'armonia e nella gioia della festa.

Per circa dieci porzioni servono: per le crepes, 120 g di farina; 6 uova intere; 250 ml di latte (io ho utilizzato quello di soia della linea enervit-zone); 120 g di mascarpone; circa 25 g di zucchero a velo; la buccia ben grattugiata di un'arancia ed estratto di vaniglia. Per la crema servono poi: 500 g di mascarpone cremoso; 100 g di zucchero a velo; un goccio di brandy (o di liquore all'arancia, qui l'impronta del sapore personalizzata); la buccia grattugiata di un'arancia; estratto di vaniglia ed un pizzico di sale fino.

Si procede preparando una ad una le crepes ponendo in un padellino appena imburrato un mestolo di impasto (ottenuto sbattendo uova e latte ed aggiungendo poi tutti gli altri ingredienti che devono essere ben amalgamati con una frusta). Per ottenere crepes perfette, che non attacchino al padellino, non si scuriscano troppo e non prendano l'odore del burro, un consiglio "da chef" è di ungere appena il padellino con della cotenna di maiale che, a differenza di quanto si potrebbe immaginare, non dà alcun odore e non brucia.

Le crepes ottenute devono essere poste su un piatto, le une sulle altre, a raffreddare.

Nel frattempo si prepara la crema unendo al mascarpone l'estratto di vaniglia, lo zucchero a velo, la buccia grattugiata, il sale ed il liquore fino ad ottenere un composto denso.

Per completare, si compone la torta spalmando ogni crepes con uno strato di crema, più o meno abbondante a seconda del gusto, e sovrapponendo le crepes una sull'altra fino ad ultimare.
Io ho quindi rivestito del tutto la torta con la stessa farcia a base di mascarpone ed ho poi decorato con mirtilli rossi canditi e striscioline di crema di cioccolato.
Ho completato il menù con dei biscottini allo zenzero e cioccolato.
...ora sembra proprio il caso di dirlo.... tantissimi tantissimi auguri a tutti voi di buone mangiate!!

martedì 22 dicembre 2009

SFORMATINI DI MERLUZZO CON PATATE E PORRI


In questi giorni Roma sembra essersi trasformata. Caos di automobili che sembrano muoversi in ogni direzione, persone avvolte nelle sciarpe che si divincolano nel fiume dei passanti cercando di non urtarsi con gli ombrelli, lucine intermittenti che accendono le sere di stelle troppo basse ed azzurre per essere vere... ma anche tanti sorrisi sui visi dei bambini che vivono l'attesa e di quanti del Natale conservano il candore, non necessariamente religioso, delle feste familiari, delle condivisioni di banchetti ricchissimi, di voci, tombole, allegria.

Io ho ancora nelle orecchie il brusio nella sala di mia nonna, quello degli uomini che conversavano attendendo di essere serviti, e del vociare squillante che invadeva invece la cucina, dove le donne riunite si affaccendavano con piacere ed impegno intorno ai fornelli, l'impegno delle grandi occasioni!

Ho ancora negli occhi le poltrone blu sulle quali mio padre e gli zii si addormentavano per poche ore, in quella quasi unica notte di veglia e di gioco; ho negli occhi l'espressione meravigliata dei miei fratelli nell'aprire i pacchetti a mezzanotte (quanta sorpresa!) e soprattutto, ho nel cuore le mie emozioni di bambina prima, di ragazza poi ed ora di donna che continua a vivere di sentimenti, di sogni e di voli pindalici, nonostante la vita tanto spesso mi abbia messa a confronto con le sue dinamiche non semplici...

Il mio Natale è anche questo tornare... all'infanzia del cuore, vividamente riaffiorante.

Nella mia cena pre-natalizia, non poteva certamente mancare un buon secondo piatto, forse non proprio di tradizione ma comunque molto, molto buono!

Per circa otto porzioni occorrono: 800 g di merluzzo fresco già sfilettato; un porro; 150 g di farina di grano duro; alcuni ramoscelli di timo fresco (da utilizzare anche per decorare); circa 500 g di

patate farinose; 500 ml di latte fresco; 60 g di parmigiano grattugiato; alcune foglie di alloro; olio extra vergine di oliva, sale e pepe.

Sbianchite appena in acqua bollente il merluzzo per un paio di minuti, qundi scolatelo e, se ce fossero, togliete accuratamente tutte le lische. Mttetelo poi in una pentola capiente con le foglie di alloro, le patate già sbucciate e tagliate a fette , sale, pepe e il latte. Fate cuocere a fiamma piuttosto bassa per circa quindici minuti (ma verificate la cottura, potrebbero bastarne soltanto dieci, il merluzzo infatti non deve spappolarsi). una volta scolato, ricavate dal pesce otto filetti di dimensioni simili rimasti integri, asciugateli con carta da cucina ed infarinateli con un misto di farina e foglioline di timo ben lavate e asciugate. Ponete quindi il merluzzo impanato su una teglia coperta con carta da forno. Unite invece il resto del pesce alle papate un poco schiacciate ed aggiungete il parmigiano, sale e pepe. Formate otto cubetti di composto grandi più o meno come quelli già messi nella teglia ed avvolgeteli in altrettante foglie di porro precedentemente sbianchite per un minuto in acqua salata bollente e poi immediatamente tuffate in un recipiente con acqua ghiacciata. Formate con le foglie di porro otto fagottini che andranno poi messi a loro volta nella teglia da forno.
Ungete il tutto con un filo di olio e passate in forno preriscaldato a 180° per circa quindici minuti.
Presentate su piatto da portata individuale ponendo un fagottino accanto ad uno sformatino e decorando con rametti di timo.
Un piccolo accorgimento nel caso il merluzzo si fosse eccessivamente sfaldato è di procedere con l'impasto e di diversificare semplicemente le due preparazioni impanandone una parte in farina e timo ed avvolgendone un'altra parte nelle foglie di porro.

domenica 20 dicembre 2009

ZUPPA DI ZUCCA AL COCCO


Studiando per diventare chef ho imparato tra l'altro i principi guida della costruzione di un menù. Le scuole di pensiero sono molte ed ognuna ha ben modo di spiegare le proprie peculiarità facendoti pensare di essere la "più giusta", ad ogni modo io tendo a seguire la regola per la quale i sapori sono in crescendo, evitando di alterare i più delicati con un retrogusto rimasto in bocca dalla portata precedente.
Per questo motivo ho cercato a lungo tra i miei ricettari personali, gli appunti della scuola e le miriadi di riviste e libri, che ho ben collezionati in casa, prima di poter decidere cosa preparare per prima portata, sempre là (!), nella mia cena pre-natalizia, alla cua perfetta riuscita tanto tenevo. Alla fine ecco l'illuminazione. Trovata nel web naturalmente, su uno dei siti più amati e cliccati di sempre, il Cavoletto di Bruxelles.
Io, per mia natura, modifico sempre un pò le ricette, dosi, ingredienti secondari, mi piace personalizzare e sentire mie completamente le preparazioni che eseguo.
Anche questa volta ho un poco "aggiustato" la ricetta di questa fantastica zuppa (di cui non posso non ringraziare Sigrid!). A mio giudizio è stato il vero piatto forte della serata, gustosissima, delicata, vellutata al palato e davvero, davvero buonissima!
Nella mia versione ho utilizzato 1 kg di zucca gialla ben sbucciata e tagliata a dadini; 300 ml di latte di cocco; tre scalogni piccolini; 1 cucchiaio abbondante di pasta di curry dolce; brodo vegetale; sale, pepe e qualche spezia raccimolata in casa (una spolverata di noce moscata, un pizzico di cannella, qualche fogliolina fresca di timo). Poi ho guarnito con i gamberi appena sbollentati in acqua non salata.
La comodità e la rapidità di questa preparazione sono state grandiose. Ho sbucciato e tagliato la zucca a dadini la sera prima della cena, così come ho preparato il brodo vegetale, ed ho poi conservato entrambi in frigorifero all'interno di contenitori ermetici.
Poi, poco prima che arrivassero le mie ospiti, ho fatto appassire gli scalogni nell'olio extra vergine di oliva, ho aggiunto la pasta di curry (che ho acquistato in uno dei tanti negozi Castroni di Roma) e, dopo aver fatto appena insaporire, ho unito la zucca, il sale, il pepe e le varie spezie. Ho coperto il tutto con il brodo e ho fatto cuocere per circa trenta minuti. Infine ho frullato il tutto con un minipimer ad immersione e sempre nella pentola ho aggiunto il latte di cocco. Ho lasciato su fiamma bassissima per un paio di minuti ed ho quindi servito nelle fondine, guarnendo la zuppa con tre o quattro gamberi che avevo precedentemente sgusciato e sbianchito appena in acqua bollente.

sabato 19 dicembre 2009

PATATE DUCHESSA


Altre ricette preparate per la mia cena pre-natalizia della scorsa settimana. Altri attimi di benessere culinario e di passione.

Le patate piacciono a tutti, si prestano ad infinite preparazioni e a trasformazioni visive di incredibile effetto. Per questo ho pensato che le "duchesse" a Natale fossero appropriate.

Un ché di raffinato già nel nome, una nota appena dolce in sintonia con il salato, la figura armonica e decorativa. Ottime persino così, come antipasto!

La ricetta è semplicissima e veloce e l'effetto certo.


Occorrono: 500 g di patate, 50 g di burro, 3 tuorli, 80 g di parmigiano, sale, pepe, noce moscata.
Si cuociono le patate in acqua bollente, poi si pelano a si passano allo schiacciapatate. Si condiscono con il sale, il pepe, la noce moscata, il burro, il parmigiano e due tuorli d'uovo.
Si mette poi il composto ben amalgamato in una sacca da pasticceria con la bocchetta a stella e, su una placca da forno, si formano tante rosette della stessa dimensione.
Infine, con il tuorlo rimasto e una manciatina di parmigiano se ne spennella la superficie e si mettono in forno a 180° fin quando saranno dorate.
Tolte dal forno si possono gustare come contorno delicato ad antipasti di pesce o a secondi piatti.

sabato 12 dicembre 2009

TORTA DI SALMONE


Ogni anno la "mia festa di Natatle" inizia con un certo anticipo. L'emozione per le decorazioni, il fare laborioso, tutto mi riporta all'infanzia, per quell'inclinazione della mente a rimanere ancorata a quanto ci ha resi felici. Le tradizioni tuttavia sono cambiate negli anni e le persone persino lo sono. Ai nonni si sono sostituiti i nipoti ma l'attesa è sempre la stessa.

Da alcuni anni la mia festa di Natale inizia con una cena, la mia cena del "club mangereccio" di cui sono membro onorario! E' una specie di scherzo ma è anche tutto vero! Un gruppo di amiche che una volta al mese si riunisce intorno alla mia tavola per mangiare. Lo scherzo è nel nome ed il vero nel fatto che si mangia, si mangia tanto, ma soprattutto, si mangia bene!

In dicembre il tema della cena è, naturalmente, il Natale. Inutile dirlo, la preparazione di questo giorno richiede tempo, impegno e tanto tanto divertimento. Compongo il menù, stabilisco le decorazioni, imbelletto la mia casa e la mia tavola con quanto di più tematico ed evocativo ci sia e poi, quando la data si avvicina, inizio i veri preparativi secondo una scalettaormai infallibile!

Nulla è lasciato al caso ed il risultato è sempre un successo. Una serata divertente e dolce ad un tempo, lieta per lo scintillio di lucine intermittenti e candele, delicata come le musiche che ascoltiamo in sottofondo mentre parliamo e ridiamo e scherziamo.... Gustosa per la bontà del cibo che preparo e che offro.

Questo è un modo stupendo per iniziare il rito della festa, per calarsi piano piano nella sua tradizione di scambio, per accendere nel mio cuore il lumino che riporta ad un ancestrale desiderio di pace, amore e speranza.

Questa torta di salmone, la cui ricetta ho preso integralmente dal numero di dicembre di "Alice", ha aperto il mio menù, servita come antipasto insieme a delle patate duchessa.



Torta di salmone:
Per circa dieci porzioni occorrono 400 g di mascarpone cremoso, 200 g di robiola, 200 g di caprino spalmabile, 500 g di salmone affumicato, 50 g di panna fresca, 10 g di colla di pesce,
mandorle tritate a sabbia (o farina di mandorle), trito di prezzemolo e aneto, un limone, tre o quattro fette di pancarrè bianco privato della crosta, un bicchiere di vino bianco secco, sale e pepe.
Per iniziare ammolliamo la colla di pesce in un bicchiere di acqua fredda e la facciamo pio sciogliere in poco vino caldo. Frulliamo poi 250 g di salmone con la panna ed amalgamiamo il composto così ottenuto con il mascarpone, i formaggi, la colla di pesce, qualche goccia di limone, un abbondante trito di erbe, sale e pepe. Foderiamo quindi uno stampo tondo con le fette di pancarrè e stendiamoci sopra metà della crema di salmone appena fatta. Stendiamoci sopra il salmone rimanente e completiamo con la seconda metà di crema.
Livelliamo il tutto e mettiamo la torta in frigo, coperta con della pellicola, per almeno due ore prima di servire (io l'ho tenuta una notte intera). Una volta sformata, cospargiamo tutto il bordo di perimetro con le mandorle tritate e decoriamo la superficie con fette di salmone, aneto, rondelle di limone e con delle noci pecan a raggiera.
Questa torta ha avuto un enorme successo tra le mie ospiti... ed ha inoltre aperto il menù della serata in modo delicato ma deciso!
Gustosissima!!
Buon appetito!

domenica 6 dicembre 2009

CROSTATA CON CREMA E GELATINA DI MELAGRANA

Innsbruck in questo periodo si trasforma in un piccolo presepe. Le lucine intermittenti, il profumo della cannella, dei chiodi di garofano, dello zenzero, i mercatini stracolmi di mercanzie natalizie, di rosso, di decori, di suoni. Il freddo che fa intirizzire i passanti non distogliendoli tuttavia dalla meravigia della fiaba cui assistono... e intorno le montagne innevate, già coperte dalla coltre bianca. A me è sembrato un sogno essere là, qualche anno fa, in dicembre. Facevo visita ad una cara amica che si era trasferita a vivere in questa cittadina per lavoro e che poi è rimasta là, tra i monti, per lunghi anni. A lei Innsbruck non è mai piaciuta però! E' una ragazza che ama il mare, il sole, la luce e l'Austria le è sempre stata un pò stretta, troppo seria e troppo fredda. Così ora la mia amica si trasferisce di nuovo ed il suo viaggio questa volta la porterà ancora più lontana, a New York.

Di tanto in tanto ha fatto ritorno a Roma per delle breve visite ma questa volta il suo passaggio è stato un saluto, a fra chissà quanto, a chissà dove. Un pò di malinconia ci ha colte nell'abbracciarci, perchè di vita ne abbiamo condiviso pezzetti importanti e perchè gli affetti veri ti stringono il cuore per gioia o per tristezza.

Lei ama i dolci alla crema e mi ha chiesto di preparargliene uno per questa sera, tempo di saluti.

Ho preparato una base di semplice pasta frolla utilizzando: 250 g di burro chiarificato; 400 g di farina di grano tenero integrale; 4 tuorli; la buccia grattugiata di mezzo limone; 100 g di zucchero a velo e 100 g di zucchero semolato; un pizzico di sale fino.

Ho prima impastato in una ciotola il burro con la farina setacciata, fino a raggiungere una consistenza piutosto granulosa, quindi ho aggiunto i restanti ingredienti ed ho continuato ad impastare con le mani. Quando il composto è risultato piuttosto morbido ma compatto, ne ho fatto una grande palla che ho avvolto nella pellicola da cucina per poi metterla a riposare per circa un'ora in un angolo fresco e asciutto della mia casa (avrebbe potuto anche essere posta in frigorifero). Quindi ho cotto la pasta, stesa in una teglia precedentemente imburrata ed infarinata, nel forno già caldo a 180° per circa trenta minuti (ma controllando in realtà ad occhio che i bordi della crostata non si scurissero). Per far sì che la pasta non si gonfiasse durante la cottura, l'ho ricoperta di un foglio di carta da forno, bagnato e strizzato, sul quale ho deposto dei ceci secchi.

Ho poi farcito la frolla con una crema pasticcera classica, realizzata con: 75 g fi zucchero semolato; 3 tuorli; 250 ml di latte di soia; 25 g di amido di mais; la scorza di mezzo limone.

Per preparare la crema ho portato ad ebollizione il latte con la buccia di limone, per poi lasciarlo raffreddare in infusione. Nel frattempo ho montato i tuorli con lo zucchero utilizzando delle fruste elettriche ed ho poi aggiunto l'amodo di mais setacciato, sempre continuando a muovere energicamente con le fruste. Ho quindi aggiunto il composto di uovo al latte (privato della buccia di limone) ed ho fatto riprendere il bollore. Ho fatto cuocere per circa tre minuti, sempre girando. Quando la crema ha raggiunto la densità piuttosto compatta che desideravo, ho spento il fuoco ed ho lasciato raffreddare la crema per pochi minuti, quindi l'ho riversata a riempire la base di pasta frolla ed ho lasciato raffreddare il tutto definitivamente. Per evitare che raffreddando la crema formasse in superfice una sorta di pellicola, l'ho ricoperta a contatto diretto con della pellicola da cucina.

Per la gelatina ho usato: un melograno; due cucchiai rasi di zucchero semolato; due fogli di colladi pesce.

Quando la crostata è risultata quasi del tutto fredda ho frullato i semi di un melograno che ho poi passato al colino fine per poterne utilizzare tutto il succo. Ho versato quest'ultimo in un pentolino, ho aggiunto lo zucchero semolato ed ho fatto ridurre a fuoco basso. Infine ho aggiunto i due fogli di colla di pesce precedentemente ammolati in acqua fredda ed ho spento il fuoco, mescolando ancora per un minuto.

Ho completato il dolce versando la gelatina un poco raffreddata sulla crema e decorando con alcuni chicchi di melograno. Ho lasciato la torta in frigo per un paio d'ore prima di servirla.

La mia amica ha gradito moltissimo questo dolce appositamente confezionato per lei. Mangiarlo ha reso meno malinconico il salutarci legando il nostro affetto con una nota delicata e saporita che risveglierà il reciproco ricordo ogni volta che proveremo ad immaginarci nel nostro fare quotidiano... distante, eppure vicino.