Per chi ha voglia di leggere, un breve racconto, per chi non ha tempo, una ricetta della tradizione ma in una versione d'eccezione!
Per la pasta occorrno (variare in proporzione le quantità in base al numero di ospiti): 3 uova intere, 300 g di farina, 1 cucchiaio di olio ed 1 pizzico di sale.
Impastare e lasciare riposare per almeno venti minuti in luogo fresco prima di stendere e di utilizzare il tagliapasta (rondella dentata) per realizzare i tortellini.
Per il ripieno occorrono: 100 g polpa di maiale tritata, 100 g prosciutto crudo, 100 g mortadella, 150 g parmigiano reggiano grattugiato, 1 uovo, 25 g burro, 2 cucchiai di erbe tritate (rosmarino, salvia), sale, pepe e noce moscata.
Se deve far insaporire (possibilmente per un giorno intero) la carne di maiale già condita con le spezie, il sale ed il pepe, quindi farlo cuocere a fuoco molto lento con il burro. Una volta freddo si mescola con il prosciutto e la mortadella tritate finemente, con il parmigiano, l'uovo e la noce moscata. Anche questo composto deve riposare in frigo per alcune ore. Si Confezionano quindi i tortellini ponendo al centro di ogni quadratino di pasta tagliata una pallina di composto e chiudendo poi la stessa sovrapponendone due angoli a formare un triangolo ed arrotolandone infine due estremità intorno al dito indice.
Prima di cuocere nel brodo per un paio di minuti, occorre sbollentare un istante i tortellini in acqua affinchè perdano la farina in eccesso.
Per il brodo di carne occorrono invece: 500 g di muscolo di manzo, ossa di manzo spurgate (ossia fatte bollire in acqua partendo da freddo e poi schiumate. Quindi raffreddate rapidamente in acqua ghiacciata), parature delle lavorazioni (cartilagini, tendini ecc.), un mazzetto di aromi e spezie (carote, porro, sedano, scalogno, chiodi di garofano, aglio, bacche di ginepro, anice stellato, cannella, pepe in grani) avvolti in una garza sterile, legata con spago da cucina (che possa essere immerso nel brodo in cottura e poi torlto facilmente), 2 cipolle rosse tagliate a metà e fatte caramellare a fuoco dolcissimi in una padella, poco marsala e circa 10 lt di acqua fredda.
Bisogna mettere in una pentola capiente la carne, le ossa e le parature già spurgate con l'acqua fredda, aggiungere il mazzetto di erbe ed il marsala, salare e continuare la cottura, sempre eliminando le impurità che dovessero affiorare, facendo appena sobollire. Unire poi le cipolle già caramellate e far cuocere per almeno tre ore. Una volta cotto, bisogna farlo riposare e filtrare quindi con un colino a maglie fini.
Si può chiarificare ulteriormente il brodo sbattendo un albume con qualche cucchiaio di acqua sul fondo di una pentola grande, versandovi sopra il brodo freddo e riportandolo lentamente a bollore. In questo modo le impurità saliranno in superficie insieme all'albume e sarà possibile eliminarle del tutto.
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Al mattino l'alba si levava presto portando con se le note trascritte sul taccuino di cucina. Il primo gesto di nonna Nannina era quello, poggiare gli occhiali sul naso e prendere la nota tra le mani. Era giorno di Vigilia, atteso e un pò temuto, per via del gran lavoro che l'attendeva ma poi sapeva che sarebbe stato bello affaccendarsi in cucina in compagnia delle sue figlie e della nuora.
Non era Natale allora senza tutto quel ribollire di brodi, sfrigolare di olio, esalare di odori, senza tutto quel riempirsi di stoviglie, di pastelle messe a lievitare, di intingoli preparati per condire soltanto a sera già scesa le pietanze cotte a lungo, con lentezza, con amore.
Chiusa la porta della camera alle spalle, sbrigato il rito della vestizione, era tempo di iniziare. In cima alla lista erano immancabilmente le frittelle perchè la verdura richiedeva tempo per essere pulita, tagliata e messa nella cesta ad aspettare che la pastella fosse divenuta matura, ben soffice e gonfia, impregnata dell'aria che l'avrebbe resa croccante e dorata in cottura.
Subito dopo c'erano i tortellini.
Nonna Nannina cucinava d'esperienza, la pasta l'aveva sempre fatta in casa, tirata al mattarello, sulla tavola di legno che la rende porosa e pronta ad assorbire i condimenti. Le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti ed il grembiule ancora candido di bucato, ed inizavano i gesti rituali, conosciuti, ripetuti negli anni, sempre gli stessi. La fontana, le uova, il movimento circolare della mano che raccoglie la farina con la spatola mentre l'altra mano impasta, preme e reimpasta. L'attesa al fresco, nell'involucro di pellicola. Poi la stesura, farina bianca per non far appiccicare la pasta alla tavola ed al mattarello, farina di mais per adagiare le sfoglie tirate e lasciarle riposare, coperte dal canovaccio bianco. Tutto in quel bell'ordine preconfezionato, da non dover pensare, impresso ad eterna memoria nelle mani stesse. E, mentre nonna Nannina impastava e si affaccendava, la casa stessa iniziava a svegliarsi.
Erano mattini poco illuminati, spesso portati da cieli ombrosi, carichi di nuvole. Ma persino le nuvole sembravano amiche fraterne, cornice del tempo che scorreva seguendo i suoi rituali.
Per gli uomini ed i bambini le ore che precedevano la sera erano dedicate agli ultimi acquisti, chissà perchè proprio in quel pomeriggio che già aveva in sè l'odore della festa e le luci ed i colori che avrebbero acceso la notte.
Il nonno prendeva la mia mano e mi portava a passeggiare tra le strade piene di gente frettolosa, di voci, di musica e di allegra confusione. Al solo guardarsi attorno sembrava di assistere ad un mirabolante spettacolo del circo ed era semplicemente bello.
Le donne, riunite in cucina, avevano altro cui pensare, come se il compito affidato loro quel giorno fosse estremamente delicato ed importante. La perfezione, per una volta, non doveva essere mancata.
La mamma si dedicava al brodo che faceva ribollire per ore, fin quando la carne non veniva quasi a scivolare via dalle ossa e le verdure a disfarsi, soltanto allora si poteva ritenere il brodo pronto per ospitare la cottura dei tortellini.
Le zie erano invece destinate agli antipasti. Vari ma non fantasiosi. Gli stessi, anno dopo anno perchè nella tradizione la ripetitività non era noiosa ma ancora felice.
E per lo stesso principio i secondi erano affare comune. L'insalata di bollito ripassato con le cipolle bianche, i contorni di carciofi e puntarelle.
Soltanto alla fine, quando tutti erano ormai rincasati, noi bambini potevamo apparecchiare la lunga tavola che avrebbe accolto il banchetto.
La tovaglia rossa, i calici, le posate del "servizio buono". A capo tavola sedeva il nonno mentre i più piccoli avrebbero mangiato sul tavolinetto basso, accanto all'albero, vero sfavillante simbolo della festa, distratti per tutto il tempo dall'irresistibile richiamo dei pacchetti infiocchettato che aspettavano pazientemente la mezzanotte per potersi mostrare!
Quando nonna Nannina iniziava a friggere le verdure impastellate era l'inizio della serata, allora sì era Natale, Natale per davvero! I primi bicchieri di vino venivano versati e gli aromi ormai mischiati gli uni agli altri provenienti dalla cucina si facevano simbolo ed espressione di tutto quanto sarebbe seguito, apoteosi del convivio e promessa di estasi gustativa.
La cena si protraeva a lungo, alternando le chiacchiere alla voce della tv, le risate ai rari istanti di quiete e tutto sembrava divenire colorato, avvolto come era dalla magia che dal cielo, dall'aria e dalla terra giungeva in casa ad allietare la vita di ognuno.
Quella pace, quella serenità, quei sorrisi nella notte erano felicità pura.
che bel racconto ....ti ho letta con piacere!!!a presto
RispondiEliminabello, bellissimo il tuo racconto! Ti va di mettere il logo del contest? Grazie!
RispondiEliminaComplimenti per il tuo blog! Carino davvero!
Approdo al tuo blog per caso e mi piace. Mi piace il tuo racconto (oltre la ricetta) e mentre leggevo pensavo proprio a Patrizia... ma ci avevi già pensato anche tu!
RispondiEliminaAuguri
Stefania